di Emanuela Dalla Libera
Forse un giorno, percorrendo l’ultima strada,
all’ultima curva prima dell’abisso, vedrò tutto
l’azzurro del cielo fondersi col mare
e il verde delle colline intorno in un silenzio
stremato di avvenire. Lì, sull’orlo di un istante,
nel vuoto echeggiante di voci accatastate
piano piano, vedrò. Vedrò il solco antico
che mi è stato, le mie mani tese a trattener
l’amore, giorni conservati dentro teche,
ché la polvere del tempo non li inghiotta,
ché non rovinino frane dalla cecità del cuore.
E sentirò in tutto l’azzurro del cielo tutto il rumore
del mondo che è passato, e il beato silenzio
dell’approdo a stagioni rimaste nell’eterno a disvelare
un segreto custodito a lungo come un dono.
Forse un giorno, percorrendo l’ultima strada,
all’ultima curva prima dell’abisso, vedrò tutto
l’azzurro del cielo fondersi col mare
e il verde delle colline intorno in un silenzio
stremato di avvenire. Lì, sull’orlo di un istante,
nel vuoto echeggiante di voci accatastate
piano piano, vedrò. Vedrò il solco antico
che mi è stato, le mie mani tese a trattener
l’amore, giorni conservati dentro teche,
ché la polvere del tempo non li inghiotta,
ché non rovinino frane dalla cecità del cuore.
E sentirò in tutto l’azzurro del cielo tutto il rumore
del mondo che è passato, e il beato silenzio
dell’approdo a stagioni rimaste nell’eterno a disvelare
un segreto custodito a lungo come un dono.