Diventa memoria il ricordare
di Alda Magnani Guardo dalla finestra il parco giochi vuoto di bimbi e voci, solitario lo scivolo, immobili altalene tra panchine deserte. Penso al vivo fermento che animava la mia città la bella Parma attiva coi suoi palazzi storici il torrente che l’attraversa le tante chiese ora inaccessibili. Dal tempo dilatato dell’infanzia sedimentate immagini riaffiorano la voluttà dei giochi, le scoperte la costante ricerca di conoscere la vita e diventa memoria il ricordare. Oggi il Parco Ducale è desolato e Parma è diventata un luogo di frontiera chiuso e vuoto ma io vorrei specchiarmi nel laghetto e sentire il profumo delle viole in questo marzo così muto e strano che ci tiene aggrappati – come lucertole uscite dal letargo – a muri di preghiera e di speranza che l’ora arrivi alfine in cui potremo di nuovo passeggiare come faceva un tempo la Duchessa contemplando raccolta lungo i viali. Le statue di Boudard ci accoglieranno e sentiremo dilatarsi il cuore sognando di vedere ancora i nonni leggere il giornale su panchine usurate dal tempo e dalla pioggia... ma i nonni sono morti e subito risorti ad altra vita. |
Nell’attesa
di Alda Magnani E mentre primavera si dilata con brillanti lampeggi di forsythie fra tulipani, primule e narcisi, tu langui nel tuo letto d’ospedale. Inutilmente suona il cellulare nella valigia chiusa. Vorrei udire ancora la tua voce avere i tuoi consigli illuminati il richiamo costante alla preghiera tanti inviti all’offerta e alla pazienza. Senza di te il vuoto attorno è grande, tenebra l’incertezza del domani. Mi alzo ancora presto come quando accudirti era per me una gioia e, dopo colazione, vado davanti ai vetri e guardo fuori dove, oltre i pioppi, spunta il nuovo giorno e il cielo sta imparando a interpretarsi; gioca con acquerelli e carboncini fra mille sfumature di colori. Un prolungato attimo di grazia trasforma il mio silenzio in fervida preghiera la cui capacità consolatrice mi sarà guida oggi, nell’attesa... Anche il frumento sta sporgendo indomito dal santuario recondito dei solchi per dirci che anche lui, in barba al Covid, si sforzerà di diventare spiga. Sono sparite ormai le violette nostrane, umili e profumate, ma i filari di alberi da frutto indossano sponsali fioriture. L’incursione del sole mattutino strappa dalla rugiada bagliori diamantini. La strada silenziosa spicca deserta e nera in mezzo al verde. Fumiga una leggera nebbiolina sul campo arato pronto per la semina. Nella dilatazione del silenzio mi sembra di ascoltare la tua voce. Mi inviti ancora a viver l’abbandono al voler di Colui che tutto muove. M’insegni la pazienza della Croce che pesa, greve, sulle spalle stanche. Mi parli delle gioie ultraterrene che verranno concesse a profusione ai miti, ai puri, ai poveri di spirito. Vivo la mia giornata opaca e vuota fra mille impegni e una snervante attesa. Scende infine la sera. Sopra il candido foglio del silenzio stanno cadendo intanto note di una profonda nostalgia. Vorrei esserti accanto, accarezzarti, darti un po’ di conforto, sorella mia. Poi mi rassegno ad essere all’oscuro di quello che tu vivi e affido al cielo col travaglio di tutta la giornata la mia fervente, povera preghiera... La gradisca il Signore. Ora splende un bel sole in tecnicolor nei colori rossastri del tramonto e rifulge nel cielo, fra le nubi, la croce che ti fu vaticinata. Alda Magnani – Porporano – (Parma) - 2 maggio 2020 |